La vita bugiarda degli adulti: Napoli ci scava dentro e non ci salva.

La vita bugiarda degli adulti, (Eduardo De Angelis, 2022), è una mini serie tratta dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante, pubblicato nel 2020. L’ambientazione è quella napoletana, gli anni sono i ’90.

Per me che sono cresciuta nello stesso periodo e ho vissuto, più o meno, nello stesso quartiere, ossia il Vomero, era un must da vedere, e ovviamente, anche da leggere. Premetto che non ho mai letto la Ferrante. Da tempo voglio farlo, ma non mi sono mai approcciata per lo stupido timore di rimanere delusa.

Beh, devo dire che la serie mi ha stupita. Non la considero eccelsa, e nemmeno bellissima per quanto riguarda il ritmo della narrazione e anche qualche prova di recitazione, ma nel complesso, mi ha colpito per due motivi fondamentali: il modo in cui sono stati rappresentati quegli anni e la coprotagonista, l’attrice Valeria Golino, che ho trovato immensa. Per quanto riguarda l’epoca, trovo che sia stata rappresentata alla perfezione, sia nel contesto, sia nel linguaggio, sia nelle abitudini, tradizioni, comportamenti sociali, privati e pubblici. 

La protagonista, Giovanna, è una ragazzina di quindici anni che vive in una famiglia borghese, con un padre professore e una madre altrettanto dedita alla letteratura e allo studio. Infatti hanno una casa piena di libri, arredata in stile vintage, perché, ricordiamolo, siamo negli anni novanta.

Giovanna ha un rapporto conflittuale con la madre, mentre con il padre non sembra comprendersi a livello caratteriale. Lui pare amarla molto, ma è sempre troppo distratto. Il motivo è presto svelato. Tradisce la moglie con una donna sposata che frequenta la loro famiglia, e che tra l’altro è la madre della migliore amica di Giovanna. Quando il tradimento viene fuori, Giovanni odia sia la madre che il padre. La prima perché continua ad amare il marito, subendo senza reagire, il secondo perché un fedifrago e non merita il suo affetto.

Tra una discussione e un’altra, Giovanna conosce la zia Vittoria, la sorella del padre. I due non si sono più visti e hanno un rapporto conflittuale a causa di passate controversie. In particolare, un braccialetto che Vittoria avrebbe regalato a Giovanna quando è nata e che il padre non le ha mai dato. Si scoprirà poi questo braccialetto che fine ha fatto.

Il padre cerca di mettere in guardia Giovanna da Vittoria, che è una donna scapestrata, fuori dal coro, intensa, viscerale, passionale, il vero cuore di una città e di tutte le sue forze e debolezze. Ma Giovanna adora Vittoria e grazie a lei e al suo sguardo completamente aperto sul mondo, si avvicina alla maturità e comincia a crescere e a valutare se stessa e ciò che la circonda in modo diverso.

La famiglia è un po’ troppo retrograda, fintamente moralista, corrotta e opportunista, mentre Vittoria è libera, sia sessualmente che mentalmente. È la migliore amica della moglie del suo amante, ormai morto, e cresce i figli della vedova come se fossero i suoi. Insomma, una bella lezione di vita.

Credo di aver visto questa serie solo per questo personaggio davvero fantastico. L’interpretazione dell’attrice vale tutto il film, senza alcun dubbio. La Golino entra nel personaggio, lo interpreta, lo riveste, lo fa completamente suo, facendoci conoscere una donna coraggiosa, sempre con la sigaretta in bocca, pronta a dire parolacce, ma che ha un cuore grande, quanto la città di Napoli.

E Napoli? I colori, così adorabili perché anni ’90, tipici di questi film ambientati in questo periodo, è una città che si spoglia e si mette a nudo senza vergogna. Ci prende per mano e ci porta nelle sue viscere, fatte di quartieri alti, di parole altisonanti, di sguardi altolocati, di cultura, di giornali, di spiritualità, ma è anche capace di mostrarci la sua faccia più truccata dallo sporco della povertà e della miseria. 

Ho visto la mia città così com’era. Così com’è, ancora, in qualche modo. L’ho vista perché ho vissuto quei momenti. Ho vissuto le domande che Giovanna si pone sulla crescita, sul sesso, sulla religione, sul valore dei libri, sul senso della famiglia. Non ho fatto le sue scelte. Non ho avuto la sua famiglia, ma è stato solo un caso. Un semplice fortuito caso, che Giovanna non si sia chiamata Antonietta, come me. Perché in fondo, è la stessa storia. Cambiano i nomi. Ma la sostanza è uguale.

Musica degli Almamegretta e dei 99 Posse, una colonna sonora disturbata e disturbante. Frasi cantante che si ripetono a ogni episodio come una bomba che ti esplode in testa, come un eco sgraziato che ti mangia il cervello.

“Quann si’ piccirill, ogni cosa te pare grossa. Quando si gross, ogni cosa t’ pare nient.

Perché poi, alla fine, c’è tanta malinconia nella volontà di una ragazzina di uscire fuori dalla maschera in cui l’hanno incastrata. Vuole conoscere e conoscersi per non essere come tutti credono sia meglio che lei sia. Giovanna tentenna di fronte alla vita, come tutte noi abbiamo fatto. Vorrebbe capire, vorrebbe fidarsi, ma alla fine, non tentenna più. Prende in mano il coraggio e svolta. Grazie anche a Vittoria, così generosamente violenta come la città che la ingloba.

La vita bugiarda degli adulti è molto vicina alla letteratura. È piena di libri, di frasi, donandoci un’immagine e una personalità di Napoli piena di cose da dire. Nonostante ciò, la malinconia genera silenzio. E i silenzi che assorbiamo ci restano dentro segnandoci inevitabilmente in modo ambiguo e tormentato. In un modo oscuro che ci scava dentro e non ci salva.

VOTO.
Generale: ⭐⭐⭐⭐⭐
Emozioni: ❤️❤️❤️❤️❤️
Riflessioni: ✏️✏️✏️✏️✏️
Suspense: 😮
Azione: 👊
Consigliato: SI.

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