The place: e tu che mostro sei?

The place, (Paolo Genovesi, 2017), è un film che si è guadagnato numerose nomination per il David di Donatello del 2018. È la trasposizione cinematografica di una serie TV americana della quale ripercorre la tematica principale: il Faust e il patto con il diavolo per ottenere ciò che si desidera.

Un uomo, (Valerio Mastandrea), di cui nessuno conosce il nome, passa le sue giornate seduto sempre allo stesso tavolo all’interno di un locale al centro di una metropoli sconosciuta.

Ecco, uno dei fattori che subito saltano all’occhio: mancano le coordinate temporali e quelle spaziali, ci troviamo in un luogo che può essere ovunque e in un tempo indefinito, quasi a voler sottolineare che questa storia non ha tempo, ma si ripete nel corso degli anni, in uno spazio e un tempo immaginari che hanno a che fare solo con la nostra coscienza.

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Inizialmente ci sembrerà tutto normale, una vicenda come tante, ma lentamente ci renderemo conto che qualcosa non va.

L’uomo, ogni giorno, incontra un numero imprecisato di persone. Ognuna di esse si siede a quel tavolo, nell’angolo più in disparte del locale, e mentre l’uomo mangia, beve, o scrive, racconta ciò che desidera.
Lo sconosciuto lo ascolterà, prenderà appunti, gli chiederà i dettagli, e poi gli dirà cosa deve fare per ottenere ciò che vuole.
Insomma un vero patto con il diavolo.

Dico questo perchè ciò che l’uomo chiede in cambio è sempre qualcosa di illegale o di amorale, insomma qualcosa di sbagliato.
C’è un ragazzo cieco che chiede di poter ritrovare la vista, e allora dovrà violentare una donna.
C’è un un giovane padre che chiede che suo figlio non muoia di cancro, allora dovrà uccidere una bambina.
C’è un poliziotto che chiede di poter recuperare il rapporto con il figlio, allora dovrà insabbiare una denuncia di violenza fatta da una donna.
C’è una donna anziana che vuole che il marito guarisca dalla demenza e allora dovrà costruire una bomba e piazzarla.
C’è una ragazza che vuole essere più bella, e allora dovrà fare una rapina.
Infine, c’è una suora che vuole ritrovare Dio e allora dovrà rimanere incinta.

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Tutto ciò che l’uomo chiede sono cose al di fuori di qualsiasi senso di accettazione. Sono richieste cattive, malvagie, corrotte, quasi impossibili da realizzare.
Ma tutti noi sappiamo che fare un patto con il diavolo significa proprio questo.
Ottenere ciò che si vuole non è mai una passeggiata, dobbiamo fare i conti con la nostra moralità e i nostri valori, e capire fino a che punto siamo disposti ad arrivare.

L’uomo è la misura di questo cammino.
Le persone che vanno da lui, lo considerano un mostro, ma sanno benissimo quello che chiede eppure sono disposti a realizzarlo.
Non è un film fantastico come potrebbe apparire, è semplicemente metaforico.
È realistico nella sua assoluta irrealizzabilità perchè è tutto concentrato sulla coscienza degli individui e sui loro sensi di colpa.

Noteremo presto che oltre all’ambientazione piuttosto indefinita, anche l’uomo è sfocato. A chi gli chiede il suo nome, dice che non è importante, e a chi gli chiede se crede in Dio, risponde che lui crede ai dettagli.
Tipica risposta del diavolo.

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Eppure lui non è il diavolo in senso stretto. È semplicemente un tramite tra la coscienza e l’azione.
È colui che propone un patto, uno scambio, senza ovviamente costringere nessuno.
Del resto, se vuoi ottenere qualcosa, un prezzo lo devi pur pagare.

Non è un film d’azione, non vediamo mai le persone agire. Loro semplicemente raccontano quello che hanno fatto seguendo o non seguendo le direttive dell’uomo.
Non c’è suspense, nè adrenalina, ci sono semplicemente dei racconti e con essi i dialoghi che ne scaturiscono.
È un film basato sullo scambio della parola, sulla scrittura e su questa agenda misteriosa su cui è scritto il destino di queste persone.

Il nostro Faust non è così distaccato come appare. Sembra soffrire nell’ascoltare il dolore di chi ha di fronte, e il più delle volte si comporta proprio come un confessore, interessato alla psicologia di chi gli parla quasi come un psicoterapeuta.

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Oltre ai dialoghi, sono i primi piani i veri protagonisti di questo film, insieme agli attori.
Protagonisti di grande calibro che aiutano a dare intensità a interpretazioni basate sulle espressioni degli occhi, sulle movenze del viso e sui gesti e i movimenti della bocca.
Tutte le emozioni che riceviamo, ci arrivano direttamente dalle facce di queste persone, le quali non hanno niente per comunicare se non se stesse e le loro parole.

È un film di grande portata emotiva da questo punto di vista.
La scelta degli attori è azzeccata e ancor di più la certezza che la storia riesce a tenerti incollata allo schermo grazie anche alla grande capacità riflessiva che argomenti del genere, evidentemente, provocano in chi guarda.

Si concentra sulla psiche degli agenti e sulla filosofia mefistofelica di chi muove le fila di queste marionette che poi burattini non sono, perchè hanno la possibilità di scegliere e lo dimostreranno.

The place, appunto, il luogo in cui avviene tutto questo, unico luogo, peraltro, è un film che pone in auge molti argomenti, da quello familiare a quello spirituale, toccando anche tematiche religiose, facendo emergere sempre un punto di vista libero.
Perchè di libero arbitrio si tratta, e di scelte.

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L’uomo è lì per proporre. L’altro, poi, dispone, secondo la propria coscienza.
Un libero arbitrio che mette in gioco molti aspetti, sensi di colpa, che fa riflettere su cosa sia davvero importante come la morte di un figlio, il desiderio di essere più bella o la guarigione da una malattia.
Insomma, sono i nostri desideri, i desideri della gente comune.

E lui, che tanto viene tacciato come un mostro dagli altri, non è altro che colui che sfama i mostri.
Perchè a dirla tutta: chi è il mostro davvero, chi propone qualcosa di terribile o chi accetta di compierla?
I mostri sono dentro di noi, latenti o no.
E quando arriva il momento di farli giocare, la colpa non è di nessuno, è solo ed esclusivamente una nostra scelta.

Disponibile Netflix.

VOTO.
Generale: ⭐⭐⭐
Riflessioni: ✏️✏️✏️✏️
Emozioni: ❤️❤️❤️
Suspense: 😮
Azione: 👊
Consigliato: SI.

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