Suicide Squad: sporchi e cattivi con troppa pietà.

Suicide Squad (2016), del regista David Ayer, è un filmone di quelli altamente scenografici, colorati, sfavillanti nella loro preziosità malvagia. Eh sì, perché questa volta non abbiamo una banda di eroi ma di cattivi, a cui viene affidata una missione suicida, appunto: salvare il mondo da una minaccia, oltre che soprannaturale, assolutamente incontrastabile. Allora perché proprio loro? Perché sono i migliori, sono crudeli, sono antagonisti del bene, seppur nella loro oscurità ognuno di essi abbia un cuore, piuttosto malmenato, o spezzato, o persino ridicolizzato, ma pur sempre un cuore che batte, ancora.

Sono costretti a partecipare a questa missione suicida perché sono ricattati e minacciati con la loro stessa vita. In pratica, se non accettano verranno uccisi. Così, su due piedi, senza nessun rimorso.

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Del resto, dovrebbero rappresentare la feccia umana, eppure, sin dall’inizio, riconosciamo in ciascuno di essi un lato che ci appartiene. La dolcezza e l’amore genitoriale, la follia di un amore malato, il senso di colpa di un’anima che ha ucciso e vive per redimere quel peccato. Insomma, ogni personaggio ha molteplici sfaccettature che non lasciano indifferenti.

Un viaggio tra colori psichedelici, sangue appiccicoso e minacce impossibili da combattere. Una storia che trasporta in un mondo immaginario dove effettivamente si riflette poco – come è giusto che sia – e ci si diverte tanto.

Le battute non mancano, le ironie la fanno da padrona, ma quando è il momento di fare le cose serie, sono tutti presenti all’appello. Come ci hanno ampiamente abituato in contest cinematografici come questo, non c’è spazio per la noia, ma tanto per le banalità.

Del resto, il trailer è molto più accattivante del film stesso, lo fa apparire molto più duro di quanto sia in realtà. Trae in inganno perché poi la storia non è tanto spettacolare, ma piuttosto spettacolarizzata.

Uomini e donne marchiati dal male, inseguiti dalla giustizia per i loro atti ignobili che vengono sacrificati per un bene superiore. È questo il nocciolo della questione: tutti loro sono sacrificabili.

Peccato che dimostrino di avere molto più di un cuore di ghiaccio, ma bensì di essere capaci di amare e di proteggere il prossimo e di salvarsi persino la pelle.

A tratti appare piuttosto confuso, troppo carico di baldoria, come se fosse un’accozzaglia di tante cose messe insieme senza dare uno spazio davvero reale a nessuna di esse.

L’interpretazione migliore è quella di Margot Robbie, alias Harley Queen, sconclusionata e spumeggiante pupazzola, ex psichiatra perdutamente innamorata del suo Joker, dolce, sinuosa e pericolosa tanto da fare miracoli con la sua mazza da baseball.

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Quella peggiore, invece, ahimè, è quella di Jared Leto, alias Joker che non regge il confronto con quello di Heath Ledger e che sembrava rappresentare il culmine eccelso di tutto il film, ma in realtà ha poche scene e sembrano tutte arbitrarie. Un personaggio su cui hanno calcato troppo la mano rendendolo una figurina plastificata che non fa né ridere e né piangere. Figuriamoci paura.

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Un film dove le interpretazioni sono in linea con le peripezie dei personaggi, senza nessuna eccezione.

Non ci sconvolge, né ci travolge, semplicemente si fa guardare con il sorriso sulle labbra.

Perché è sempre piacevole assistere a salvataggi improbabili del nostro mondo, soprattutto quando a farlo sono personaggi che solo a guardarli ci sono simpatici. E a cui, diciamocela tutta, è impossibile resistere.

VOTO.
Generale: 
Azione: 👊👊👊
Sentimenti: ❤️
Riflessioni: ✏️
Consigliato: SI.

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